ed accompagnerà i visitatori in un viaggio nella storia e nelle tradizioni.
Facendo frutto dell'esperienza maturata nelle passate edizioni, della professionalità, della creatività e dello studio approfondito nella ricostruzione filologica del vestir medioevale, un grande lavoro ha dato vita ai nuovi costumi.
Con essi il mercato prenderà vita permettendo a tutti di sentirsi,
almeno per un giorno, fuori dal tempo.
Proloco Juvenilia Vitetum
Gli abiti che a cavallo tra quattrocento e cinquecento indossavano gli abitanti di Bitetto, non si diffferenziavano da quelli diffusi nel resto della penisola, pur essendo divisa in tanti stati e regni, governati da diverse famiglie e dinastie. Lo stile di tali vestimenti conservava legami con il passato, senza subire il fascino a volte “stravagante” delle mode straniere che spesso influenzavano la casta nobiliare o patrizia e le corti italiane.
Gli abiti del popolo seguivano linee essenziali, adatte al lavoro, ma non per questo non si trovano assonanze con le vesti nobiliari nel taglio, nelle applicazioni delle varie stoffe dai toni diversi, dall’uso di sopramaniche e fessure che servivano per evidenziare la camicia sottostante.
Tali vesti venivano storicamente chiamate finestre dell’inferno (infatti lasciavano immaginare più che vedere le linee del corpo femminile). Gli uomini indossavano casacche o farsetti , spesso divisati (a due colori) o cordellati (rifinitura dei capi ottenuta da cuciture di fettucce di stoffa di vari colori), con mantelli, pellegrine o berretti con l’aggiunta di cinture e scarselle.
Le donne indossavano principalmente cioppe, camore, gamurre per le più ricche e guarnelli, vesti intere con una cintura sui fianchi. Le acconciature erano semplici, ma seguivano severe forme aiutate da panni, cercini, cuffie, pellegrine con almuzio, glympe (soggolo) e soprattutto da ornamenti floreali, unico vezzo per le donne del popolo. Gli abiti a loro destinati sono stati realizzati con tessuti di panno e di lana dai colori “terrosi”, nelle tonalità del marmorino (castoro), monachino (marroncino), sbiadito (grigio), perso (termine che indicava tutti i colori che perdevano consistenza nel tempo), festichino (verde), verde muschio, blavento (celeste), morato non di grana (rosso scuro). I costumi liberamente interpretati, nascono dall’unione delle fonti storiche e iconografiche che ci hanno tramandato, con l’aggiunta di criteri sartoriali ma soprattutto delle leggi Suntuarie dell’epoca, che dettavano regole precise e ferree alle varie classi sociali, più un pizzico di creatività e fantasia. L’equipe composta da Marco Tarulli, Stefania Scaraggi e Teresa Calvone, ha progettato e creato seguendo questi parametri i costumi per l’XI edizione del Mercato Medioevale, utilizzando tagli, stoffe, passamanerie e decori realizzati a mano e studiati appositamente su ogni singolo costume.
Marco Tarulli




Hanno collaborato
Costumista: Marco tarulli
Tagliatrice storica e responsabile sartoria: Stefania Scaraggi
Sarta: Teresa Calvone
Addetti ai costumi: Mario Barnaba, Grazia Turchiano, Marianna Piccininni, Michele Damone, Antonella Giordano, Giuseppe Quaranta, Arcangelo Silecchia, Saverio Proscia e Annamaria Proscia.
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