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Il Corteo storico fra passato e presente

di Marco Tarulli

La bellezza è un frutto prezioso che resiste al tempo”(Papa Paolo VI)

Queste parole racchiudono tutto il mio lavoro, quello di un’ equipe competente e professionale e di un’intera Associazione che in questi anni ha cercato di conservare e tramandare la storia di due grandi Uomini quali il Beato Giacomo Varingez, prossimo alla santità, e il Duca Andrea Matteo Acquaviva. Anche quest’anno la creatività, l’estro, la ricerca, la progettualità e la fantasia hanno dato forma ai nuovi costumi che nel rinato corteo sfileranno. Rinasce un nuovo corteo che unisce il passato e il presente in un vortice di colori,tessuti preziosi, gioielli, decori che ridanno lustro alla nobiltà che viveva nella Bitetto di fine ‘400, ovviamente va considerata la natura teatrale dell’operazione che è di ampi margini interpretativi, progettuali e creativi. L’equipe composta da Marco Tarulli, Stefania Scaraggi e Teresa Calvone, ha creato gli abiti con minuziosa particolarità, ispirandosi ai grandi Maestri del Rinascimento quali:Leonardo, Tiziano, Palma il Vecchio, Lorenzo Lotto, Raffaello, Bronzino, Verrocchio, Giorgione, Rosso Fiorentino, Pontormo, Giovanni Cariani e ai paramenti sacri autentici racchiusi nell’Abbazia di Montecassino. Il legame profondo intercorso tra i dipinti, gli abiti autentici, i reperti storici, i valori estetici, le leggi morali o le Leggi Suntuarie e le regole non scritte ma essenziali all’armonia del buon gusto ha generato un equilibrio e una misura nell’estro e nella creatività adoperata per la realizzazione di questi nuovi costumi. La sapienza compositiva e sartoriale si fonde alla sensibilità estetica che unita alla “valentia tecnica” e alla sperimentazione dei materiali più disparati ha dato vita agli abiti, al Piviale e alla Mitria che il Vescovo Francesco IV con la sua Corte indosserà nel corteo, dove i ricami e la decorazione delle stoffe in oro ricordano la grande manualità delle cosiddette “arti minori”. Per la nobiltà e le coppie aggiunte quest’anno le Leggi Suntuarie, le fonti storiche ci hanno aiutato nella messa in opera dei costumi, dove ritroviamo pellandre, giornee, gabbani o lucchi (sopravvesti) farsetti o gammurre (vesti) cioppe, juppa (tuniche), gonnelle con palledellum (gonne con corpetti), scuffie o reticelle de perne (cuffie di perle) e i balzi (acconciature rialzate di forma rotondeggiante molto indossate dalle aristocratiche del tempo). Le tonalità usate per gli abiti sono lo scarlatto (rosso fuoco), con inserti di velluto nero, decorazioni argentee e perle per Antonio e Caterina Cefalo, Giacomo De Species indossa un gabbano in color “blavento” (celeste) con ricami in bronzo e oro e una “roba” color “lionato” (ruggine), mentre sua moglie indossa un abito con gonna “divisata” (di due colori) blavento e blu mare. Altre figure indossano capi di color “bruschino” (rosso scuro), “paonazzo” (rosso tendente al blu), “vermiglio” (rosso), “incarnato” (rosa), “carmosino” (particolare gradazione del rosa), che ritroviamo nell’abito di Roffa di Barletta con sopramaniche e inserto nella gonna in broccato color avorio. Carlo Del Giudice una pellanda (sopravveste) in velluto blu notte con decori in oro. Di colore “blavo”(blu scuro) la tunica del vescovo mentre il Piviale in broccato di color “morato di grana” (rosso tendente al vinaccio) e oro, la fascia dorsale con motivi vegetali e sagome di Santi imita la tecnica “agu picto” (pittura ad ago). Altri manti e abiti li ritroviamo in colore “marmorino” (castoro), ”monachino” (marroncino), verde muschio e sbiadito (grigio).






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